Anno 1162. Nigmar, struttura penitenziaria di massima sicurezza su Mars

Quando venne trasferito su Mars, aveva ancora memoria dei propri nomi. Perché ne aveva avuti molti, e molti ne avrebbe avuti ancora, si disse mentre percorreva uno degli’innumerevoli corridoi di Nigmar, con delle catene ai polsi e scortato da quattro guardiani.
Non era una semplice prigione, quella. Lui lo sapeva, perché di posti così ne aveva visti anche in Sosaria. Di posti così ne aveva vissuti, e sempre aveva trovato un modo per evadere.
«Cammina» esortò una delle guardie. Come se non lo stesse facendo.
C’era una parte della prigione destinata ai criminali ‒ e di questi tempi, finire in prigione era sempre più facile. Vi si trovava di tutto: assassini, traditori, ribelli, ladri e stupratori, ma ormai persino un’ipotesi di reato avrebbe potuto condurre fra quelle mura.
C’era anche una parte della prigione, però, destinata a quelli come lui: quelli incolpati di possedere un grande e pericoloso intelletto; gl’imprevedibili, che avevano osato, nel tempo, che avevano approfondito conoscenze proibite ‒ e che gli stessi sovrani, in Sosaria, avevano tentato di rendersi amici, per garantirsi un sostegno nelle proprie insulse guerre.
Questa parte della prigione era un vero e proprio manicomio. “Chi possiede un simile intelletto va sfruttato o bandito, non ci sono mezze misure”.
Oltrepassarono una cella d’isolamento ‒ dal suo interno proveniva un rumore costante, come di ossa spezzate. Una delle guardie fece un vago sorriso e lui lo notò con la coda dell’occhio. Ghignò a sua volta, perché nessuno di quei disgraziati poteva sapere cosa sarebbe accaduto nei giorni a seguire.
«Entra qua» disse uno dei quattro spingendolo malamente oltre la soglia di una stanza buia.
Lo costrinsero su una sedia di ferro al centro della sala. Gambe e braccia bloccate. Era il momento delle torture. Loro lo definivano accertamento: ottima scusa per somministrare sostanze sperimentali, testare nuovi supplizi e metodi d’interrogatorio, nuovi incantesimi e veleni sui detenuti.
“Patetici” si ritrovò a pensare. Perché avevano molto da imparare in merito.
Una quinta figura uscì dalle tenebre ‒ non portava armi con sé. Era solo l’ennesimo specialista.
Gli controllò le pupille. Gli piazzò un divaricatore di ferro in bocca, gli somministrò qualcosa dal sapore acre e pungente, gli strappò via un dente.
«La prossima settimana ne mettiamo uno nuovo, non ti preoccupare.»
“La prossima settimana non sarai qui” pensò lui divertito.
Quello continuò a parlargli, lui continuò a fingersi stupido. Fu quando gli tolse il divaricatore che mise in atto il piano. Con delle convulsioni spontanee, prima di tutto. Due guardie accorsero, ma sulle prime il medico disse di non preoccuparsi.
«Dev’essere una reazione al siero.»
Gli spasmi si fecero più violenti e iniziò a tossire, rigettando un liquido denso e scuro tutt’intorno ‒ sul camice del medico, sul pavimento, su una delle guardie, che per poco non perse i sensi.
«State lontani!»
Continuò a tossire e agitarsi in maniera orrenda, rallentando un poco per volta, finché non cessò di vivere.
«Sarà mica…?»
«Un momento…»
Non vedeva nulla, ma sentiva perfettamente ogni cosa.
Il medico gli tastò il polso. Controllò il battito cardiaco. Un attimo di esitazione.
«È un peccato» disse. «Era una buona cavia.»
Lo liberarono dalla sedia di ferro. Qualche momento dopo, si sentì spostare su una lettiga.
Nel giro di pochi minuti, era già stato scaraventato in una fossa comune, con decine di altri corpi a cui, di certo, avrebbero dato fuoco ‒ o forse no? “C’è sempre del buon materiale, anche nei corpi senza vita.”
Quando giunse il silenzio assoluto, il silenzio dei morti, tornò alla vita annaspando.
Perché fra le molte cose che aveva appreso, nei lunghissimi anni di studi e sperimentazione, c’era la capacità di modificare le proprie funzioni vitali e il proprio organismo.
Aveva anche imparato a sintetizzare sostanze assunte in precedenza: quello che aveva rigettato, nella sala delle torture, era un virus che, di lì a poco, avrebbe contagiato mezza prigione, seminando un panico indicibile e costringendo una parte dei guardiani ad aprire una breccia nelle mura di Nigmar, verso il mondo esterno. Verso Mars.
Attendere il proprio turno per fuggire, in fin dei conti, fu la parte più semplice.